La Storia Dell’hijab in Iran

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L’Iran è un Paese del Medio Oriente e prima del 1979 le donne iraniane potevano girare tranquillamente con il viso scoperto a scuola o al lavoro. In seguito alla rivoluzione del 1979 indossare l’hijab divenne obbligatorio per tutte. Più volte hanno protestato contro questo obbligo o violato le norme che ne impongono l’uso rischiando multe, frustate e addirittura il carcere. Vediamo innanzitutto cos’è l’hijab e poi come sono iniziati i movimenti di protesta.

L’hijab e la rivoluzione

La parola hijab deriva dal farsi e benché in arabo la parola significhi letteralmente “celare allo sguardo”, si tratta del velo indossato dalle donne per coprire capelli e collo. Al contrario dello Shayla, che scende un po’ morbido sul collo, l’hijab è molto più aderente, stretto e coprente sul collo. Senza di esso le donne non possono frequentare la scuola, lavorare o anche stare semplicemente in pubblico.

Come abbiamo già anticipato prima del 1979 l’Iran era una monarchia e le donne iraniane potevano andare in giro con il viso scoperto e potevano anche condurre una vita per certi versi molto simile a quella delle donne occidentali. Tra il 1978 e il 1979, però vi fu nel Paese una rivoluzione che portò l’Iran da una monarchia a diventare una Repubblica Islamica Sciita con una propria costituzione basata sulla shari’a, cioè sul Corano. Da quel giorno tutto è cambiato per le donne.

L’obbligo e le proteste

Fin da quel 1979 le donne iraniane hanno iniziato a protestare per poter continuare ad uscire senza velo. Un tempo le donne protestavano per le strade, ma negli ultimi anni la protesta si è spostata sui social. Quest’anno, però, le cose sono andate in modo leggermente diverso, poiché un mese fa, durante la Giornata nazionale dell’hijab, le iraniane hanno deciso di postare video o foto senza velo, magari coprendo il volto con qualche emoji per non essere riconosciute.

Molte di loro sono, infatti, state arrestate. Però, già nel 2014 era stata lanciata una campagna contro l’obbligo di coprire il viso, oppure nel 2018 con le proteste delle Girls of Revolution Street. Addirittura una ricerca condotta nel 2020 sulla popolazione ha evidenziato come più del 70% della popolazione sia contraria all’hijab.

Nascita del movimento contro l’obbligo di velo

Inizialmente le femministe pensavano che l’obbligo di indossare il velo non fosse un problema prioritario. Ad esempio le donne in Iran non possono divorziare e la loro testimonianza vale la metà della testimonianza di un uomo. Inoltre, alcune donne pensavano che alla fine potevano indossare la sciarpa in testa in modi creativi, tipo tenendola più stretta o più larga.

Nel 2014, invece, con la campagna My Stealthy Freedom il problema tornò alla ribalta. Infatti, questa campagna mostrava e incitava le iraniane ad uscire di casa senza velo. In Iran sono previste fino a 74 frustate o una pena detentiva, nella migliore delle ipotesi, invece, si rischia solo una multa. Questa campagna portò poi ad altre manifestazioni come la protesta del 2018 e l’ultima svoltasi poco tempo fa. Perché le donne protestano così?

Perché l’obbligo dell’hijab le priva della libertà di prendere decisioni sul proprio corpo, cosa indossare e cosa non indossare, quindi come possono avere il controllo di ciò che le circonda o prendere decisioni ben più serie?

Conclusioni

Come abbiamo visto per loro non è una questione di poco conto, è proprio un problema che mina la loro libertà di scelta sul proprio corpo. Sono disposte a pagare dure conseguenze pur di protestare e uscire di casa con viso e capelli scoperti. Dopo la caduta della monarchia e la nascita della Repubblica Islamica, hanno potuto continuare a studiare e lavorare, ma solo a patto di indossare l’hijab. Sono sempre di più anche gli uomini che sostengono questa causa, mostrandosi con indosso il velo seduti accanto a moglie o sorelle senza velo.

Le donne iraniane sono donne coraggiose e come tali continueranno a protestare e manifestare pacificamente contro tale obbligo, pur sapendo le conseguenze che rischiano di pagare. Senz’altro in Occidente non possiamo far altro che ammirare e apprezzare il loro coraggio nel lottare in modo pacifico per un loro diritto.

Updated: September 12, 2022 — 6:47 am

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